San Damiano de Veuster

Prega di ottenere lo spirito di umiltà, in modo da desiderare il disprezzo. Se vieni schernito, devi gioirne. Non lasciamoci incantare dalle lodi degli uomini, non siamo soddisfatti di noi stessi, siamo grati a chi ci causa dolore o ci tratta con disprezzo e preghiamo Dio per loro. Per fare questo c'è bisogno, oltre che della grazia, di una grande abnegazione e di una costante mortificazione, grazie alla quale veniamo trasformati in Cristo Crocifisso.


Damiano  un ragazzotto robusto, figlio di contadini, dal temperamento forte e vivace era entrato nella congregazione dei Sacri Cuori, dietro insistenza di suo fratello Panfilo, che già ne faceva parte. Il 19 marzo 1864, non ancora sacerdote, dopo oltre quattro mesi di navigazione, sbarcava sulle isole dove sarebbe rimasto per sempre. Dopo due mesi fu ordinato sacerdote e svolse la sua attività missionaria in diverse regioni per quasi dieci anni. Poi, nel 1873, in un incontro dei missionari con mons. Maigret, diventato Vescovo, si parlò dell'isola di Molokai e dello stato di abbandono dei lebbrosi. Padre Damiano si offrì allora di andarci e il 10 maggio era nel villaggio di Kalawao.

"Nessun bianco vi aveva mai soggiornato. Era passato in fretta qualche medico (che visitava i malati sollevando le vesti con la punta del suo bastone e lasciava le medicine fuori dalla porta dell'ambulatorio) e qualche Pastore protestante che predicava da lontano. Ma non volevano essere toccati (...) Non potevano essere veramente interessati a loro quei bianchi che fuggivano via pieni di orrore al solo vederli! Ma tra i lebbrosi stessi l'interesse e la solidarietà erano ferocemente limitati ai propri congiunti; tutto il resto era nemico.
Così la colonia dei lebbrosi era un inferno, non solo per quello che accadeva ai corpi, soggetti a un orribile disfacimento ma ancor più per quello che accadeva alle loro anime ." Rovina fisica e psicologica, dunque: "(...) un'incredibile sporcizia (mancava perfino l'acqua!), una violenza pronta ad esplodere ad ogni provocazione, la schiavizzazione dei bambini e delle donne, alcolismo e droghe, il latrocinio generalizzato, il risorgere di pratiche superstiziose. Il tutto peggiorato da un disinteresse generalizzato. (...) La colonia si reggeva sulla massima suprema "A'ole kanawai ma keia wahi: qui non c'è nessuna legge".

La condivisione: il corpo di Cristo

Padre Damiano giunse sull'isola "con il breviario e un piccolo crocifisso. Le prime settimane visse all'aperto, dormendo sotto un albero e mangiando su una roccia piatta. E scelse subito di immergersi volontariamente in quel mondo in putrefazione. Ciò che più lo sconvolgeva era il fetore persistente che, quando i malati gli si stringevano attorno, lo prendeva alla gola (...). Per aiutarsi, cominciò a fumare la pipa. Capì subito, quasi per istinto di carità, che i malati non lo avrebbero mai accettato, se egli avesse cominciato a preservarsi, a mostrare ripugnanza.. Di poter essere contagiato non si preoccupava. I superiori gli scrivevano sempre di badare al contagio, ma era difficile per un prete 'rifiutarsi di toccare', quando bisognava deporre l'ostia consacrata su lingue rose dal male, o ungere con l'olio santo mani e piedi cancrenosi, o bendare con tenerezza quelle orribili piaghe  Egli voleva rispettare, per così dire, 'la sensibilità della Chiesa'. Essa è, per definizione, 'corpo di Cristo'; tutti i suoi sacramenti e le sue opere sono segni di un 'contatto fisico', salvifico, tra l'Umanità di Cristo e la nostra sofferente umanità. Se quel desiderato 'contatto' era per gli hawaiani una questione culturale, per padre Damiano era anche una questione di fede. Perciò a tavola mangiava il 'poi' (carne mescolata con farina di taro) intingendo le mani, assieme ai lebbrosi, nel piatto comune; beveva nelle tazze che gli offrivano; passava la sua pipa se gliela chiedevano; giocava coi bambini che si gettavano a grappoli addosso a quel gigante buono."

Imparare a morire bene, perchè la vita acquisti dignità

Il senso della missione di padre Damiano era la preparazione alla morte. "Non c'era altro da fare. Impossibili e inutili le cure, certa la morte. (...) . Bisognava  insegnare a morire bene, perché potessero acquistare senso e dignità.
La morte era addirittura 'il prologo', da cui tutto il resto dipendeva. E padre Damiano sapeva che quella morte lo riguardava. Egli non era e non voleva essere uno spettatore. Cominciò dunque a 'celebrare la morte', nel senso di darle dignità umana. Se si pensa che, al suo arrivo, i cadaveri venivano abbandonati all'aperto e dati in pasto ai maiali, si può comprendere la dignità di chi si mette a costruire un cimitero. (...) Oltre al cimitero, padre Damiano fondò la Confraternita dei funerali, che si preoccupava di preparare le bare e di accompagnare, pregando, il defunto al cimitero, al suono della musica e dei tamburi.

Costruire: con le persone e con i mattoni

"C'era poi la Confraternita della sant'Infanzia, per i bambini abbandonati; quella di san Giuseppe, per le visite dei malati a domicilio; quella della Madonna, per l'educazione delle ragazze. Questi nomi così 'spirituali' non devono farci dimenticare che si trattava di un'organizzazione sociale, tanto più forte, quanto più ancorata nella fede. Il tempo che gli restava dopo le visite ai malati e la cura spirituale era impiegato nella costruzione di opere necessarie alla vita dell'isola: un porticciolo, una strada di collegamento con il villaggio, due acquedotti, serbatoi d'acqua, una serie di magazzini,  dispensari, un centro di formazione per ragazze, un ospedale...

Gli aiuti, le lodi, le ostilità: oro, incenso e mirra

Gli aiuti economici a padre Damiano non erano mai mancati. La Commissione Ministeriale d'Igiene dapprima lo avversò, ma poi finì per offrirgli la carica di Sovrintendente di Molokai, con una paga annua di diecimila dollari. E padre Damiano disse che lì non ci sarebbe stato cinque minuti con una paga di centomila dollari: ma ci stava per amor di Dio. Ma "i superiori non stimavano padre Damiano e non erano contenti di lui. S'erano già infastiditi all'inizio, per il troppo clamore suscitato attorno alla sua impresa. Avevano continuato a guardarlo con sospetto. Si diceva che gli passasse per mano un fiume di denaro e che aspirasse a diventare una specie di vescovo indipendente di quella colonia. In più, alcune proteste pubbliche che padre Damiano aveva rivolte al Ministero della sanità circa il trattamento riservato ai lebbrosi, avevano messo l'intera missione in difficoltà con il Governo. Il Provinciale -noto per la sua durezza verso gli altri e per l'estrema condiscendenza verso se stesso- fece pressione sul vescovo e questi scrisse a padre Damiano di smetterla di 'fare tanta poesia sui lebbrosi... Il mondo ha l'impressione che voi siate alla testa dei vostri lebbrosi e fungiate da procuratore di beni, medico, infermiere, becchino e così via, come se il governo non esistesse...'. Padre Damiano gli rispose: 'Dagli stranieri oro e incenso, dai superiori la mirra'." Bisogna poi aggiungere l'ostilità che regnava tra i protestanti, i quali non perdevano occasione per attaccare le opere di padre Damiano.

Lebbroso tra i lebbrosi

Il Provinciale scrisse a Roma "che padre Damiano s'era montato la testa e stava diventando 'pericoloso'. Padre Damiano invece, da qualche anno, era diventato soltanto 'lebbroso'. Scrisse umilmente ai suoi superiori: '...Sono diventato lebbroso. Penso che non tarderò ad essere sfigurato. Non avendo alcun dubbio sul vero carattere della mia malattia, io resto calmo, rassegnato e felicissimo in mezzo al mio popolo. Il Buon Dio sa bene ciò che vi è di meglio per la mia santificazione, e ogni volta ripeto con tutto il cuore: Sia fatta la tua volontà!' (...) I rapporti con i superiori non migliorarono per questo.  In più il Provinciale era preoccupato delle conseguenze che quella malattia poteva avere per la missione, e gli consigliò di non metter più piede fuori dall'isola."
Quando, al termine della Quaresima del 1889, padre Damiano s'accorse capì che stava per morire. Ne aveva assistiti tanti che aveva imparato a riconoscere bene quei segni infallibili di una fine prossima. Era contento di andare a celebrare la Pasqua in cielo. Quando morì, il lunedì santo, aveva quarantanove anni e ne aveva passati sedici tra i suoi lebbrosi."