sebastianoBuongiorno a tutti, sono Sebastiano, ho trent’anni e vengo da La Spezia. Sono nato in una famiglia umile e con grandi valori. Ero un bambino vivace ma con tante paure e insicurezze. Nell’adolescenza ho incominciato a chiudermi.  In casa spesso scappavo a letto, piangendo e ascoltando musica, ma esteriormente mettevo la “maschera” che va tutto bene. In quegli anni ho pensato tanto al suicidio perché non sapevo come scappare dalla sofferenza. A quattordici anni ho incominciato con le prime “canne” e sono poi caduto velocemente nel mondo delle discoteche e della musica “techno”, usando ogni tipo di droga fino all’eroina. Ho avuto l’illusione di aver risolto tutti i miei problemi, ma in un attimo mi sono trovato nel vortice della droga e a sedici anni ho chiesto aiuto al Sert. Ero ferito e arrabbiato, e non volevo farmi aiutare da nessuno. Ho iniziato a spacciare e sono entrato in brutti giri, avendo a che fare con persone molto più grandi di me. Avevo una relazione sentimentale con una ragazza che ha provato ad aiutarmi, ma alla fine per il mio egoismo ho trascinato anche lei nelle tenebre. Finita questa relazione, dopo pochi mesi mi hanno arrestato e lì mi sono reso conto di essere veramente solo. In tribunale c’erano i miei genitori con mio nonno, pronti ad aiutarmi nonostante la delusione e le sofferenze vissute. Tornato a casa, ho cominciato a lavorare imparando il mestiere di idraulico. Sono rimasto “pulito” qualche mese e poi sono ricaduto nell’eroina e nel crack. Gli anni a seguire sono stati una grande solitudine. A ventisette anni sono entrato nel primo centro di disintossicazione ma, appena uscito, sono finito nuovamente in strada. 

Ho chiesto aiuto di nuovo alla mia famiglia, che mi ha dato come unica opzione il Cenacolo. Ringrazio Dio per il giorno in cui sono arrivato nella fraternità “Paradiso”, nei pressi di Cuorgné. Il gruppo di persone che ho incontrato lì mi ha fatto sentire a casa e in famiglia, una sensazione che non provavo più da tempo. Sono entrato veramente a “pezzi”, ma il ragazzo che mi è stato vicino all’inizio, il mio “angelo custode”, mi ha insegnato cosa vuol dire l’amicizia vera e il suo bene mi ha aiutato tanto. Stava sveglio con me quando non riuscivo a dormire per i tanti dolori, e allo stesso tempo mi spingeva ad affrontare positivamente la giornata comunitaria tra lavoro e preghiera. Ho accolto subito tutto quello che la Comunità mi ha proposto, anche la preghiera: il vedere davanti a me ragazzi che avevano la luce negli occhi e la speranza, ha fatto nascere in me il desiderio di diventare come loro.

Sono poi stato trasferito nella casa di Lourdes, dove sono arrivato con ancora tanto “freddo” dentro. La grazia di questo luogo mi ha aiutato ad accettarmi di più e a compiere i primi passi di guarigione nei rapporti con la mia famiglia, soprattutto con mia sorella. Qui sono cadute tante “maschere” e a volte mi trovo a piangere in cappella per tutto il male che ho fatto o perché un fratello se ne va troppo presto. Ringrazio per tutta la fiducia che ho sempre sentito e per il dono della vita perché, come ci ha detto Papa Francesco, «La festa è per voi che eravate ai crocicchi delle strade». Sento questo invito per me perché ho visto tante volte la morte per strada, ma entrando nella grande famiglia del Cenacolo sento che la festa è oggi per me nel vedermi una persona risorta che crede in Dio.